Il mistero della Trinità e il mistero dell’uomo

La Chiesa ci dice che Dio non ci ha rivelato tutto né di se stesso né del suo progetto di salvezza nei nostri confronti, ma ci ha fatto conoscere tutto e solo quello che ci serve per la nostra salvezza. Detto in altro modo: ci sono tante cose che noi non sappiamo del “mondo divino”, ma, al tempo stesso, dobbiamo conoscere tutto quello che Egli ci ha fatto conoscere, perché ciò ci serve per raggiungere la vita eterna.

Tra questi “misteri”[1], uno dei più importanti è sicuramente quello di come è fatto Dio. Lo sappiamo: noi crediamo che esiste un solo Dio, che chiamiamo anche Santissima Trinità, perché “composto” da tre Persone, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo.

È Gesù stesso ci permette arrivare a questa conoscenza così “intima” di Dio. A dire il vero, nella Bibbia non esiste un brano veramente esplicito in cui Gesù dice espressamente una cosa del tipo “Dio è una natura in tre Persone uguali e distinte”. Esistono però tutta una serie di affermazioni in cui si intuisce questo mistero. In molte di esse Gesù ci dice che Lui [cioè il Figlio] e il Padre sono una cosa sola, in altre in cui parla dello Spirito, come Spirito del Padre o Spirito suo [di Gesù]. Solo una volta, tutte e tre le Persone della Trinità vengono nominate insieme da Gesù: quando, prima di ascendere al cielo dà il mandato missionario ai suoi discepoli: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19).

Da tutte queste affermazioni, così come da altri passi della Scrittura in cui si capisce la natura divina dello stesso Gesù, la Chiesa è riuscita a comprendere come “è fatto” Dio.

A questo punto, però, può sorgere la domanda: perché è così importante sapere come è Dio? Perché questa conoscenza dovrebbe influire sulla nostra salvezza? “Semplicemente” perché noi siamo fatti a immagine e somiglianza sua. Nel primo capitolo della Genesi, dopo che si è descritta la creazione del mondo, l’autore sacro narra [a modo suo] la creazione dell’umanità:

«Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”. Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento”. E così fu. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno» (Gen 1,26-31).

Alcune informazioni sul brano:

  • Qui non si narra della creazione del singolo essere umano, oppure della prima coppia umana, ma dell’umanità (la parola che in italiano traduciamo con “uomo” significa, meglio, genere umano);
  • L’umanità è caratterizzata dall’alternanza dei sessi «maschio e femmina», qui intesi nel senso di complementarietà. La cosa si capisce meglio nel secondo racconto della creazione dell’uomo in Genesi 2[2];
  • L’autore sacro ci dice che l’umanità, quindi, e non il singolo essere umano, è immagine e somiglianza di Dio.

Ma che significa essere a immagine e somiglianza di Dio? Bisogna distinguere tra il concetto di immagine e quello di somiglianza.

L’immagine, nel contesto biblico, ha un significato particolarmente forte e importante. Quando si dice che una cosa o una persona sono immagine di un’altra non vuol dire solo che ci assomiglia, ma che la rende in qualche modo presente. Dire che l’umanità è immagine di Dio significa dire che Dio si rende presente nel mondo attraverso l’umanità. Ecco perché quest’ultima riceve il comando di “soggiogare e dominare” sul creato. Non perché deve annientarlo, ma perché, facendo le veci di Dio, ha il compito di custodirlo a nome suo.

Il concetto di somiglianza, invece, è quello comune, di rassomigliare. L’umanità ripropone alcune caratteristiche di Dio e, tra tutte, quella principale è quella della relazionalità o, come abbiamo detto prima, della complementarietà. Per essere completo, ognuno di noi, deve avere delle relazioni con gli altri.

Da qui si capisce l’importanza di sapere che Dio per primo è, in realtà, una comunità di tre Persone. Noi siamo a somiglianza sua, perché come Lui non può che essere comunione di Padre e Figlio e Spirito, anche non possiamo essere umani se non siamo in comunione con gli altri.

Conoscere come è fatta la Santissima Trinità significa conoscere come dobbiamo essere anche noi. Ognuno di noi, si dice, non è un isola. E il motivo sta proprio nel fatto che non possiamo non essere gente che ha delle relazioni con gli altri. Senza relazioni non siamo completi, non siamo esseri umani.

E qual è la relazione fondamentale che lega gli esseri umani e anche le Tre Persone della Trinità? L’amore. È questa la chiave di volta su cui si fonda tutto. E questo è Dio stesso, nel modo in cui è fatto, che ce lo rivela. Nel descrivere il mistero della Santissima Trinità, sant’Agostino utilizza proprio l’idea dell’amore: «ma l’amore suppone uno che ama e con l’amore si ama qualcosa. Ecco tre cose: colui che ama, ciò che è amato, e l’amore stesso. Che è dunque l’amore se non una vita che unisce, o che tende a che si uniscano due esseri, cioè colui che ama e ciò che è amato?» (Agostino d’Ippona, La Trinità. Libro ottavo, n. 10).

Con questa metafora si comprende che il Padre è l’amante, il Figlio è l’amato e lo Spirito è l’amore che mette in relazione l’amante e l’amato. E se dovesse venire a mancare uno solo dei tre termini anche gli altri non avrebbero più senso di esistere: come farebbero amante e amato a essere in relazione senza l’amore che li collega? Oppure se dovesse venire a mancare l’amante, da dove proverrebbe l’amore che deve arrivare all’amato? O, se dovesse venire a mancare l’amato, l’amore dell’amante a chi sarebbe diretto?

Ecco allora la perfezione della Santissima Trinità. Affinché Dio sia veramente Dio e possa esistere deve essere una comunità. Non può esserci unità senza distinzioni che sono in relazione tra di loro.

E l’umanità, creata a somiglianza della Trinità, può essere perfetta solo se è capace di accogliere le differenze tra i singoli esseri umani e formare una comunità basata solo su relazioni di amore.

Ecco perché è così importante conoscere come è fatto Dio, perché solo così possiamo conoscere come siamo fatti noi, intesi come comunità del genere umano. E questi ragionamenti si possono applicare, a cascata, ad ogni raggruppamento umano: sociale, familiare, parrocchiale, lavorativo, ecc.

A questo punto si dovrebbe aprire un ulteriore capitolo, che però lasciamo ad un prossimo incontro: che cos’è l’amore?


[1] Mistero, nel linguaggio cristiano, non significa un qualcosa di nascosto e incomprensibile, ma, piuttosto, un qualcosa di cui conosciamo la realtà ma che va sempre oltre rispetto a quello che possiamo intendere.

[2] «Dio il Signore disse: “Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui”. Dio il Signore, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato. L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l’uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui. Allora Dio il Signore fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d’essa. Dio il Signore, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo. L’uomo disse: “Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo”. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne. L’uomo e sua moglie erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna.» (Gen 2,18-25). In questo brano, spesso utilizzato nelle messe di matrimonio, tra le altre cose emerge quest’idea di complementarietà, in questo caso tra uomo e donna ma, in generale, si potrebbe estendere il concetto ad ogni relazione umana. Qui si dice che Dio crea prima solo l’uomo (inteso come maschio) e poi si accorge che non è “contento” di questa solitudine. Per rimediare, allora, dopo un primo tentativo di compagnia con gli animali, Dio crea la donna e la conduce all’uomo. Badiamo bene che le parole che l’uomo dice in questo brano («Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo») sono le prime parole pronunciate dall’essere umano all’interno della Bibbia. Non è che fino a quel momento l’uomo non potesse parlare: poteva, ma non avendo nessuno di fronte capace di ascoltare e capire non aveva “lo stimolo” nel parlare. L’uomo può parlare solo se sa che le sue parole sono parte di un dialogo, cioè se è cosciente che di fronte a lui c’è qualcun altro capace di ascoltare e parlare a sua volta.