Rispondere a questa domanda non è facile e, d’altronde, non c’è una risposta che possa andare bene per tutti, quindi, qui proverei a fare una cosa diversa: provare a capire che tipo di rapporto Dio vuole con noi e da noi e, in base a quello, ognuno potrà cercare di capire quanto è vicino o lontano da quel rapporto ideale.
C’è un primo presupposto da chiarire, avere un rapporto con Dio significa, fondamentalmente avere un rapporto con Gesù Cristo, perché è Lui che il Padre ci ha donato per esserci vicino.
Assodato questo, allora, si può andare a sfogliare il Vangelo per vedere come Gesù vuole essere “trattato”.
Dal Vangelo secondo Giovanni (15,14-17)
«Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
In questo brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni, nel contesto dell’Ultima Cena, Gesù si rivolge ai suoi discepoli dicendo che essi non sono da Lui considerati servi, ma amici. E spiega anche la differenza tra il servo e l’amico: il servo è colui che esegue degli ordini, senza sapere quello che fa il padrone o quale sia la sua volontà. Il servo è un mero esecutore, una sorta di soldato di grado inferiore che non fa altro che eseguire degli ordini dei superiori, senza neanche sapere perché lo sta facendo.
L’amico, invece, è quello che conosce, quello che accoglie le confidenze e che sa perché il suo amico si comporta in un determinato modo e conosce quello che pensa.
La prima, sostanziale, differenza tra il servo e l’amico è questa: l’amico conosce quello che è nel cuore del suo amico, mentre il servo agisce senza avere una prospettiva, senza conoscere i pensieri del padrone e di chi gli dice cosa deve fare.
C’è, però, un passaggio che sembra contraddire ciò che Gesù dice. Rivolgendosi ai suoi discepoli, prima li chiama amici, ma poi lega quest’amicizia ad un comando. Ecco l’apparente contraddizione: il comando è un qualcosa che lega il servo al padrone e non due amici. Tra gli amici non ci sono comandi da eseguire. Però, quando Gesù svela quale sia questo comando la cosa si chiarisce da sola: il comandamento che Gesù dà è quello dell’amore vicendevole. Sarete miei amici se vi amerete gli uni gli altri.
L’amore è, per eccellenza, il sentimento dell’amicizia: gli amici si amano, per i veri amici sei disposto a tutto, anche a sacrificare qualcosa di te o di tuo. Allora, Gesù sta dicendo ai suoi amici: sarete miei amici se sarete capaci di essere amici tra di voi.
Allora, per fare una prima sintesi: il rapporto che Gesù vuole con noi è quello dell’amicizia e la base di questo rapporto di amicizia con Lui è essere capaci di essere amici veri con gli altri che abbiamo accanto.
Se anche avessi una sola persona che considero veramente amico, nel senso che gli voglio tanto bene che sono disposto a sacrificarmi per lui, allora sono anche amico di Gesù e posso considerare Lui mio amico.
E che, per quanto Dio oltre che uomo, Gesù vuole essere trattato da amico e non da “essere supremo” distante e ragguardevole, lo troviamo confermato in un altro libro della Bibbia: l’Apocalisse. Lì, il veggente si trova, ad un certo punto, davanti a Gesù, ormai glorificato e in paradiso e, d’istinto, si prostra a terra, come era abituato a fare nel Tempio alla presenza di Dio. A quel punto, però, Gesù si china su questo veggente, gli tocca la spalla e gli dice “Non temere, sono io”.
Credo che quest’immagine sia quella migliore per comprendere il rapporto che Gesù vuole da noi: vuole essere trattato da amico e nient’altro. Vuole essere il nostro confidente, quello che ci consiglia nei momenti di dubbio, quello che ascolta le nostre confessioni, i nostri sfoghi, quello che gioisce per i nostri traguardi raggiunti.
Allora, per concludere, riprendiamo la domanda iniziale, ma cambiamola in questo modo: “quanto il mio rapporto con Gesù è di amicizia?”.