Catechesi quaresimale 2/2024

Brano scritturistico

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.

Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Riflessione

Uno dei modi con cui poter interpretare il brano della samaritana al pozzo è seguire il processo di approfondimento che la donna samaritana compie durante il dialogo con Gesù.

All’inizio Gesù è appellato dalla donna con la sua estrazione etnica: Giudeo («Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?»). Qui l’evangelista annota come lo stupore della donna, per il fatto che Gesù si intrattiene con lei, è fondato: «i Giudei, infatti, non hanno rapporti con i samaritani». Il motivo di questo astio tra i due popoli stava nel fatto che i Samaritani del tempo di Gesù erano, in realtà, discendenti di altri popoli che il re d’Assiria inviò lì al posto dei giudei deportati a Babilonia. Questi nuovi popoli affiancarono al culto per YHWH i culti alle loro divinità locali, trasgredendo il primo dei comandamenti che Mosè ricevette sul monte Sinai.

Già da questo emerge una prima caratteristica di Gesù: è sì un Giudeo, ma sui generis, qui perché allaccia rapporti con persone che per altri sarebbero stati impensabili, in altri momenti perché non rispetta pedissequamente i precetti dei Giudei, ma è capace di interpretarli e ricomprenderli alla luce delle necessità (vedi, per esempio, il riposo sabbatico, puntualmente disatteso da Gesù ogniqualvolta si presentava a lui l’occasione di fare del bene).

Alla domanda stupita della donna per questo dialogo che Gesù ha iniziato con lei, Lui risponde con una frase enigmatica: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». La prima parte di questa risposta («Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”») rivela in filigrana quello che abbiamo detto all’inizio: tutto l’incontro tra Gesù e la samaritana è un processo di approfondimento della conoscenza di Gesù. Lei ancora non conosce chi ha di fronte – sa solo che è un Giudeo –, alla fine del brano verrà riconosciuto come il Salvatore del mondo.

Quindi questa risposta potrebbe essere riletta più esplicitamente: “se tu sapessi di essere di fronte al Salvatore del mondo, saresti tu a chiedergli da bere”. Qui, quindi, Gesù sta affermando che uno dei suoi “compiti”, come Salvatore, è quello di dare da bere e dissetare. Sicuramente non dissetare dalla sete naturale (per quella c’è il pozzo). Per capire di quale sete sta parlando Gesù bisogna capire cosa intende per “acqua viva”. In Gv 7,37-39 troviamo la risposta: «Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva”. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato». L’acqua viva è, quindi, lo Spirito Santo, il quale è Spirito «della verità, [che] vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).

A questo punto potrebbe sorgere la domanda, che è ha fatto anche Pilato – sempre nel Vangelo secondo Giovanni –: «che cos’è la verità»? e la risposta la troviamo nell’affermazione che Gesù ha fatto sempre davanti a Pilato e che poi ha fatto scaturire la sua domanda. Gesù afferma che Egli è venuto per dare testimonianza alla verità. Ora, la testimonianza suprema di Gesù noi la vediamo sulla croce. La croce è la testimonianza dell’amore supremo, il dono della vita per i propri amici.

Riassumendo tutto il discorso, allora: il Salvatore del mondo è colui che dona lo Spirito, il quale, a sua volta, guida alla verità, che è l’amore, il dono della vita per la salvezza degli altri.

Il dialogo poi continua ancora sul tema di quest’acqua viva. Dice Gesù: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna»

L’acqua ordinaria deve essere attinta ogni volta per continuare a dissetare. L’acqua viva – lo Spirito Santo che dà la verità, cioè l’amore – una volta che tu l’hai ricevuto non hai più bisogno di riceverlo di nuovo. In altre parole, l’amore, quello vero, una volta che l’hai sperimentato resta per sempre. Se uno dà la sua vita per la tua, tu non hai bisogno più di null’altro. Sei stato oggetto dell’amore di un’altra persona e non ti serve altro.

Anzi, questo amore che hai ricevuto, diventa in te sorgente di acqua viva. Sei tu, dopo che hai ricevuto una testimonianza così forte e profonda di amore, a diventare sorgente di amore per gli altri.

Questo insegnamento così profondo di Gesù si scontra però, con le esigenze più pratiche della donna: «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Cadono quasi le braccia. Gesù parla di amore, di Spirito Santo, di dono della vita per gli altri e tutto quello che interessa alla donna è evitare il disagio di andare ad attingere acqua al pozzo! Ma quanto spesso anche noi ci comportiamo come la samaritana: va bene l’insegnamento del Vangelo, va bene la messa, le preghiere, la testimonianza cristiana; ma quand’è che il Signore mi risolve quel problema che gli ho detto?

A seguito di questa richiesta “terrena” della donna il tema cambia. Gesù interrompe il discorso sull’acqua e, con la scusa della richiesta della convocazione del marito della donna, la conduce ad una consapevolezza maggiore della sua persona. Siamo nel passaggio da Gesù giudeo a Gesù profeta.

Quando la donna si accorge, finalmente, di essere di fronte a qualcuno che è “diverso” da ogni altro uomo che lei conosce emerge anche la problematica religiosa. Qui di nuovo si dovrebbe far riferimento alle differenze tra Giudei e Samaritani. In estrema sintesi: la concezione antica della divinità è che essa non stava in ogni luogo, ma aveva una dimora specifica sulla terra. Per cui, se tu avessi voluto incontrare Dio, saresti dovuto andare dove Egli aveva deciso di abitare. Per i Giudei la casa di Dio era il Tempio di Gerusalemme, mentre per i Samaritani era il tempio di Betel (infatti, in ebraico Betel significa proprio casa di Dio [Bet, casa; El, Dio]). Ed essendo Dio uno, non poteva stare in due luoghi diversi.

Rendendosi conto di stare di fronte ad un profeta, cioè ad una persona che è capace di una conoscenza superiore rispetto agli altri, la donna prova, quindi, a fugare questi suoi dubbi e, forse, anche a capire chi tra i due popoli ha ragione.

La risposta di Gesù è, come quella sull’acqua, emblematica: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

Da buon profeta, per prima cosa, Gesù dice qualcosa sul futuro: «viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre». Arriverà un momento in cui gli uomini comprenderanno che per adorare il Padre non c’è bisogno di recarsi in nessun tempio, perché sarà il Signore stesso a rendersi presente lì dove ci saranno degli adoratori di Dio («dove due o tre saranno riuniti nel mio nome – dice Gesù – io sarò lì in mezzo a loro», il nuovo Tempio di Dio sarà la comunità, la Chiesa riunita nel nome del Signore).

Al tempo stesso, però, Gesù dice anche qualcosa sul presente: «voi [Samaritani] adorate ciò che non conoscete, noi [Giudei] adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei». I dubbi della donna sono fugati: i veri ortodossi sono i Giudei, perché, continua Gesù, è da loro che viene la salvezza, cioè il Salvatore stesso (Gesù come giudeo è stato il primo dei temi emersi all’inizio dell’incontro tra Lui e la donna).

E poi, Gesù conclude: «ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Se è stato abbandonato il tema dell’acqua, non viene abbandonato quello dello spirito e della verità, che qui ritorna esplicitamente. Dio è spirito dice Gesù. Giovanni nella prima lettera espliciterà dicendo: Dio è amore. Se Dio è amore, quelli che lo adorano devono farlo con amore, cioè imitando il dono di amore che il Figlio ha testimoniato sulla croce. La vera adorazione di Dio non è lo stare solo in ginocchio davanti all’eucaristia, ma il mettersi in ginocchio davanti al fratello (vedi l’episodio della lavanda dei piedi, che Giovanni introduce nell’ultima cena al posto del racconto dell’istituzione dell’eucaristia).

Questa seconda scena si conclude con il tema di Gesù come Messia e Cristo: «gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. Le dice Gesù: “Sono io, che parlo con te”». La donna pensa di stare di fronte ad un profeta. Quindi dopo avergli chiesto chi ha ragione tra loro e i Giudei, affronta l’altra questione di fede per loro importante: l’arrivo del Messia. Qui la samaritana non pensa ancora che Gesù sia il Messia, ma solo un profeta. La sua domanda, quindi, ha l’obiettivo di farsi confermare questo punto della sua fede. Gesù, invece, la spiazza: non solo è vero che la fede nell’arrivo del Messia è vera, ma ella adesso sta proprio di fronte a Lui.

Poi l’episodio prosegue: arrivano i discepoli e nel frattempo la donna va in città per dire agli altri quello che fino a quel momento ha vissuto. Ha incontrato un uomo, particolare, sui generis, che dice di essere il Messia e che ha manifestato doti “profetiche”, dicendole della sua situazione familiare particolare, pur senza conoscerla. Il dubbio le viene: che sia lui il Messia?

A questo punto, la gente del villaggio, incuriosita va da Gesù ed Egli resta con loro per due giorni. Alla fine, quella gente lì, samaritani – cioè stranieri e eterodossi, mal visti dai Giudei –, saranno i primi a riconoscere in Gesù il Salvatore del mondo.

Da notare, in questo caso, una cosa particolare: la donna samaritana, nell’arco di tempo di poche battute scambiate con Gesù, passa dalla consapevolezza di essere davanti ad un giudeo a quella di essere, forse, davanti al Messia. Ci vorranno, invece, due giorni, per gli abitanti del villaggio, per arrivare alla consapevolezza di essere insieme con il Salvatore del mondo. Questo per dire che una conoscenza approfondita e vera del Signore noi riusciamo ad averla solo se lo frequentiamo assiduamente e per un tempo prolungato (vedi la catechesi della volta scorsa sulla trasfigurazione e sulla necessaria preparazione che i tre discepoli hanno dovuto fare prima di poter vedere il Signore trasfigurato).

Un ultimo appunto: se è vero che la frequentazione assidua permette di conoscere meglio il Signore, è altrettanto vero che questo non basta. Notiamo, infatti, che i discepoli (che si presuppone conoscevano ormai il Signore da molto più che due giorni), quando arrivano lo chiamano Rabbì, cioè Maestro – il che manifesta una conoscenza di Gesù ancora superficiale, rispetto al suo essere Salvatore del mondo –, a differenza della donna che già era arrivata all’ipotesi di stare davanti al Messia! Loro stanno ancora ad un grado di conoscenza intermedio tra il Gesù giudeo e il Gesù profeta. Ci possono, quindi, essere casi, in cui tanti cristiani che lo sono da una vita non sono in grado di arrivare ad una conoscenza profonda del Signore, mentre invece può capitare che qualcuno, anche appena convertito, abbia una consapevolezza più veritiera del Signore e della fede.

In conclusione: ognuno ha i propri tempi per maturare nella fede, ma ha nessuno è tolta la possibilità di approfondire la conoscenza di Lui.