
Le mani, i cipressi e le carezze…
Anticipiamo un articolo che verrà pubblicato su prossimo numero della rivista mensile Ecclesia, il giornale mensile della nostra diocesi di Velletri-Segni .
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Siamo migliaia. Molti in chiesa, sistemati sulle poltroncine che hanno triplicato i posti a sedere, ma la maggior parte all’esterno, sulle tribune con gli occhi incollati agli schermi giganti.
E’ la festa di Don Gigi, del parroco che per più di venti anni abbiamo incontrato per strada, dentro l’amata Collegiata, nei campeggi e di cui abbiamo apprezzato l’intelligenza, la fede e la capacità di comunicare (un dono che Dio gli ha elargito in abbondanza) insieme al sorriso e alle parole semplici che conquistano l’attenzione dei più piccoli, che lui ha cresciuto e che ora lo ripagano con la loro presenza e il loro affetto.
E’ un giorno importante, uno di quelli in cui potrai dire di esserci stato e che ricorderai per sempre. Ci sono decine di sacerdoti e suore, vescovi, diaconi, forze dell’ordine in alta uniforme, il governatore della regione Lazio, un prefetto e l’ultima principessa di casa Doria, che qui, sotto la volta della Collegiata e vicino al Palazzo che porta il nome del suo casato, può sentirsi a casa. Ognuno vive questi momenti a modo suo e ognuno in modo diverso.
La commozione è però palpabile ed accomuna tutti. Non so se c’è gioia, ovvero c’è sicuramente, ma molto attenuata dalla consapevolezza che qualcosa finisce, qualcos’altro di bello inizia, ma la nostra comunità soffre la prospettiva del distacco. E’ normale che sia così.
Io sono sistemato dietro l’altare, insieme ad altri sessanta cantori e vedo quindi la cerimonia della consacrazione a vescovo di Don Gigi da una prospettiva particolare. In primo piano i vescovi concelebranti, dietro i fedeli e le autorità, in lontananza il portone della chiesa, la luce, due cipressi e una pianta d’olivo. Non posso fare a meno di pensare che la pianta di ulivo, segno di pace e di speranza, rappresenti le centinaia di giovani a cui Don Gigi ha amministrato i sacramenti e che ha reso delle persone migliori.
I cipressi invece rappresentano le tante persone che hanno conosciuto e amato Gigi nel suo apostolato in questa Chiesa e che ora non ci sono più. Loro ora sono qui: due in particolare fanno sentire la loro presenza perchè tu sai che è a loro che Luigi disteso in terra a faccia in giù ora sta pensando, con gli stessi sentimenti di quando da bambino quei genitori li aveva vicini. Felicetta e Bruno, la madre premurosa e il padre con le mani callose. La mamma che tutti ricordiamo discreta, sistemata nell’ultimo banco, come se fosse preoccupata di non dare fastidio, di non mettere in difficoltà con la sua presenza quel figlio tanto amato. Il papà, vecchio socialista dal cuore rosso che però faceva gli straordinari per comprare la cotta a quel figlio così intelligente che voleva diventare prete. ” Dai miei genitori ho imparato il significato delle parole di Gesù che dicono che amare è dare la vita per quelli che si amano” dice Don Gigi. E si, l’amore è la molla di tutto!
Senti che di amore è piena la Chiesa e la piazza e che tutto si sta svolgendo grazie alla sua forza. E che l’Amore sia la chiave del messaggio cristiano è racchiuso nelle pagine del vangelo che vengono lette: “Maestro qual’è il comandamento più grande?” …..”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Il secondo è simile a quello: amerai il tuo prossimo come te stesso”. L’amore per il Signore deve essere totale e quindi deve essere dimostrato anche nei gesti in cui il futuro vescovo deve mostrare umiltà e sottomissione. Non c’è spazio per la superbia o l’autocompiacimento, che sarebbe umano avere… tutt’altro, qui c’è solo umiltà!
Vedo Don Gigi inginocchiato davanti ai vescovi che sono seduti, poi attraverso lo schermo televisivo lo vedo disteso a faccia in giù per tanti, lunghissimi minuti. Immobile, sul nudo pavimento, silenzioso, sembra l’ultimo tra gli ultimi, anche perché i vescovi gli danno le spalle e guardano verso l’altare e lui è solo, dietro, sul marmo, disteso e immobile. Mi verrebbe il desiderio di andare li ed aiutarlo a rialzarsi, ma il comandamento più grande dice che occorre amare il Signore in modo totale e anche un sacerdote che tra poco diventerà vescovo è niente al suo cospetto. Un niente che però lo Spirito elargito dalle mani stese sul suo capo rendono straordinario nella sua grandezza…..nel coro vedo che tanti stanno piangendo e si asciugano le lacrime mentre il popolo dei fedeli applaude ed esulta all’uscita del nuovo vescovo dal portone della Chiesa.
E’ uno spettacolo vedere i ragazzi di Don Gigi, schierati con la maglietta bianca a formare un cordone protettivo, tenendosi per mano, con il volto verso Don Gigi, quasi ad abbracciarlo per l’ultima volta con una forza maggiore. Ed è uno spettacolo vedere il nuovo vescovo che accarezza il loro volto, che bacia i fedeli, che stringe mani, e che riceve baci sulle sue di mani. Sono le stesse mani che ieri nessuno avrebbe baciato, ma che ora lo sono perché divenute capaci di elargire lo Spirito. E sono ancora i suoi ragazzi a regalarmi l’esperienza che arriva dritta al cuore e che chiude in bellezza la giornata.
Finiti i festeggiamenti e il rinfresco all’interno del Palazzo Doria, i ragazzi che Don Gigi ha cresciuto e che sono diventati uomini e donne, padri e madri, intonano il canto che al campeggio chiudeva la giornata: “Al cader della giornata noi leviamo i cuori a te, tu l’avevi a noi donata, bene spesa fu per te. Quante stelle, quante stelle, dimmi tu la mia qual’è, non ambisco alla più bella, basta sia vicina a te”.
Caro don Gigi, non ti libererai tanto facilmente di noi, questa più che una promessa è una certezza!
Il fotoracconto
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Per un eventuale utilizzo di queste foto si prega di menzionare gli autori:
- Controluce di Enzo Topani – Artena
- Francesco Fioramonti – Valmontone
- Pantaphoto di Bruno Pantaloni – Valmontone
- Collegiatavalmontone.it
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